"La vera gara inizia molto prima dello sparo": i consigli di Mauro Ciarrocchi per affrontare il triathlon e prepararsi all’Ironman
“Quando ho iniziato io, il sogno di tutti era quello di riuscire a gareggiare in un Ironman”: così Mauro Ciarrocchi, triatleta e Ironman bresciano, presidente del Triathlon Brescia DTTRI e ambassador Floky, ricorda gli esordi nel triathlon, quasi trent’anni fa. Una passione viscerale, quella per la combinazione di nuoto, bici e corsa, e un sogno all’apparenza impossibile: partecipare ai campionati del mondo di Ironman delle Hawaii.
Oggi, dopo aver gareggiato in 42 Ironman, di cui 8 alle Hawaii (con il nono in preparazione per il prossimo maggio!), la passione per questo sport arde più viva che mai. In esclusiva per la community Floky svela tutti i segreti per non lasciarsi intimorire dal triathlon e, perché no, iniziare a sognare di conquistare la qualifica di Ironman.
Come hai visto cambiare il triathlon negli anni?
Quando ho iniziato a praticare triathlon, nel 1993, tutti conoscevano solo le distanze lunghe e si facevano intimidire dall’impresa. Quando invece il triathlon olimpico è stato portato a conoscenza di tutto il mondo, alle Olimpiadi di Atene del 2004, tutto d’un tratto il triathlon nel suo complesso è iniziato a sembrare un po’ più accessibile a tutti. Molto timore rimane anche oggi, ma - e non lo dico in modo supponente - chiunque è secondo me in grado quantomeno di affrontare una distanza sprint o olimpica. Il grande scoglio è la frazione di nuoto, ma le distanze per la bici e la corsa sono accessibili a tutti.
Come è nata la tua passione per il triathlon?
Mi è sempre piaciuto correre, specialmente la maratona. Il bello del triathlon, che è anche il motivo per cui sono riuscito a portare avanti questo sport per tanti anni, è la combinazione di tre discipline diverse, che è una garanzia di varietà. Quando correvo le maratone, se avevo un infortunio e non riuscivo più a correre, il mio stato d’animo crollava. Adesso nuoto o vado in bici e riesco comunque a fare sport, che è quello di cui ho bisogno per stare bene. Non ho mai sentito il bisogno di fermarmi o di interrompere gli allenamenti, nonostante siano molto pesanti. E poi c’è la questione dei viaggi: girare il mondo per fare gare è un bel modo di fare sport!
Quale sensazione hai provato alla prima gara?
Il mio primo Ironman è stato in Germania nel 2000. Un freddo pazzesco, la sera perfino pioggia, nonostante fosse luglio. Finita la gara ho detto a mia moglie: “Mai più”. La mattina dopo mi sono svegliato e avevo già cambiato idea: “Però è stato bello”. Nel 2003 a Zurigo ho fatto la gara che mi ha dato la mia prima qualifica per i mondiali delle Hawaii. È stata un'emozione incredibile, un sogno impossibile che si avverava. Tant’è che mi sono detto: “È andata bene questa volta, ma non capiterà mai più”. E invece mai dire mai.
Qual è stato il momento della tua carriera sportiva che ti è rimasto più impresso?
Ho fatto tante gare, ma le abbino più ai posti in cui si sono svolte che alle gare in sé. Le Hawaii sono sempre le Hawaii: ci sono stato otto volte, quest’anno sarà la nona, e per me tutte sono state belle, da quella col miglior tempo a quella col peggiore. È stato bellissimo anche in Malesia e a Los Cabos in Messico: sono posti dove, finita la gara, ho passato delle bellissime vacanze. Ma anche l'isola d'Elba, dove fanno l’Ironman in Italia. A me piace molto la distanza Ironman, la potrei fare anche a casa, a Brescia, però quando fai quei chilometri nuotando in un mare caraibico o correndo in paesaggi esotici l’esperienza diventa ancora più memorabile.
Come si svolge il tuo allenamento giornaliero?
Posso permettermi di allenarmi tanto e in tanti orari diversi. Dal lunedì al venerdì la mattina nuoto per circa un'ora, poi bici o corsa a giorni alterni. Il sabato è dedicato al combinato bici-corsa, la domenica solo bici. Non ho un giorno di riposo, però ci sono dei giorni in cui l'allenamento è talmente leggero che è come riposare. Il tutto è commisurato alle mie disponibilità di quel periodo: se ho infortuni o impedimenti modifico l’allenamento. Si tratta di un allenamento di mantenimento, per non perdere la forma.
E invece la preparazione a una gara?
I tre mesi pre-gara sono molto intensi, sia sulla lunghezza che sulla qualità: scelgo allenamenti molto pesanti, combinati, che per gran parte svolgo da solo e non in compagnia. Nell'ultimo mese, quello di scarico, diminuisco le distanze per conservare la forze. Le calze Floky mi accompagnano in tutti i cicli di allenamento e anche in gara. Quando mi alleno sulle lunghe distanze uso sempre le Run Up Long, mentre sulle distanze più corte e in gara uso le Short. Da quando uso le Floky non ho più avuto problemi di vesciche ai piedi, che specialmente all’Ironman erano una costante. Il piede è sempre riposato. Una notte ho sognato che ero arrivato alle Hawaii per i mondiali e mi ero dimenticato le Floky: un incubo! Farei davvero fatica adesso a non usarle. Danno assuefazione!
Qual è il tuo primo pensiero quando inizi una gara?
Un Ironman inizia più o meno alle quattro di mattina, quando suona la sveglia. Se ho la fortuna di aver dormito serenamente, cosa che le prime volte non mi accadeva mai, inizio la giornata tranquillamente con una bella colazione. Un salto alla zona cambio per controllare la bici e poi si parte. Prima di iniziare la frazione di nuoto alle Hawaii c’è un momento molto particolare: si entra in acqua e si resta a mollo per circa un quarto d'ora, in attesa dello sparo. Sono momenti di forte tensione, al punto che lo sparo arriva come una vera e propria liberazione. Alle prime bracciate il pensiero è: “Ma chi me lo fa fare?”. Poi la voce cambia: “Sei qui e lo fai”. Pensi a tutto quello che hai fatto per arrivare lì, a tutti i sacrifici, e tieni duro. La gara alla fine non è niente di che: è tutto quello che viene prima che è impegnativo.
Cosa diresti a una persona che vuole avvicinarsi al triathlon?
Avvicinarsi al triathlon, facendo anche le distanze più corte, è un’esperienza che consiglio a tutti. Il nuoto è uno sport che dà grandi benefici al fisico e in inverno è un'opportunità di fare movimento, perché si può fare in luoghi caldi come le piscine. Durante tutto l’anno ci si mantiene con la corsa, che si può fare a qualsiasi temperatura abbigliandosi nel modo giusto. Questa varietà di discipline, tutte aerobiche, permette di star bene e di sentirsi bene. È ovvio che c'è fatica, ma, se si pratica con criterio, anche allenandosi tre o quattro volte a settimana, il triathlon è uno sport che può dare grande soddisfazione, anche senza avere mire agonistiche particolari.
E invece a una persona che volesse prepararsi a una gara come l’Ironman?
Quando si è amatori, va evitato il ricercare il risultato a tutti i costi. Bisogna accettare la dura verità che, in allenamento, fallire l'obiettivo è all'ordine del giorno. Il mio consiglio è quello di creare una grande base di lavoro, con andature medie o anche lente, per creare il motore. Solo dopo si lavora di qualità per migliorare la prestazione. È molto importante allenarsi spesso da soli: l’Ironman è una gara solitaria, basta poco per farsi prendere dalla noia e perdere il ritmo o addirittura avere una crisi mentale. È importante anche allenarsi con gradualità: avvicinarsi alle distanze dell’Ironman ma senza farle. E, alla fine, affrontare la gara con serenità.
Hai mai avuto la tentazione di mollare tutto e appendere le scarpe al chiodo?
Non ho mai pensato di mollare. Mi piace questo sport, mi piace questa distanza, mi piace allenarmi (anche più di gareggiare!). Io e mia moglie abbiamo trovato un equilibrio: io faccio sport e gareggio e poi insieme ci godiamo delle belle vacanze nei luoghi meravigliosi in cui si tengono le gare. Hawaii, Malesia, Messico. Continuare ad allenarmi e gareggiare non mi pesa per niente, anzi, farei fatica a pensare di non farlo. Magari non arriverò ad ottant’anni a gareggiare alle Hawaii, ma la speranza è di resistere il più possibile.